SEGNALAZIONE USCITA: D come Davide
Titolo: D come Davide. Storie di plurali al singolare
Autore: Davide Rocco Colacrai
Editore: Le Mezzelane Casa Editrice
Dalla prefazione di Mattia Zecca
Avete ragione tutti, voi che della poesia non potete fare a meno. E l’ho capito leggendo quelle di Davide. La scelta delle parole nude, l’abbandono a un immaginario intimo eppure universale, il racconto in versi della Storia vicina, di quella più lontana, delle storie di persone comuni o straordinarie, o tutte e due le cose insieme. Ho ritrovato pezzi di me stesso, tra i versi di Davide, e non è un modo di dire: c’è proprio la mia storia, che Davide ha colto nello spirito forse meno didascalico e per questo più autentico, ma non intendo aggiungere nulla, al proposito, perché non è di me, ma della poesia, che desidero parlare, o meglio: desidero che sia la poesia a parlare per noi, anche quando non troviamo le parole, proprio mentre le cerchiamo nel posto sbagliato, persino quando non vorremo farci raggiungere o sorprendere in flagrante. Impostori, diffidenti e arroganti quali siamo.
Quante cose che non sapevo mi hanno raccontato questi versi. Cose che neppure immaginavo. Cose che attingono alla materia del sogno, ai libri che pure avevo letto o canzoni che avevo già sentito, a fatti di cronaca o eventi della Storia. Di qualunque cosa si nutra l’ispirazione di Davide, è sempre con generosità che invita a sederci accanto a lui per goderne insieme, in uno spazio singolare che è sempre necessariamente plurale, comunque accogliente: c’è posto per tutti, anche per gli impostori come me. In un tempo tutto suo, eppure nostro, fermando momenti, brevi e infiniti, come graffi, che ogni autore avrebbe voluto trafiggere su carta, Davide dà alla parola l’autorizzazione a sciogliersi nei silenzi di una tastiera, e a noi quella di abbandonarci alla lirica essenza che attraversa la vita, alla materia poetica di cui siamo fatti tutti, anche se non ce ne accorgiamo, ingannandoci sotto la pioggia. Quando finalmente si può piangere e fare finta di ridere.
Poesia estratta dalla silloge
La sposa del mare griderò perdono […]: “Adua delle acque” riposa sogno di sposa infranto a poche onde di agognata gloria Le onde, in ombre d’argento, a intessere il suo vestito, alla sposa che, con occhi grandi, quasi due mondi raccolti in uno in cui trova casa il cielo, fissa il segreto della propria croce nello stormo fatuo degli anni che fa da contrappunto, mentre la terra reclama questa figlia, leggera come un fiore di loto e morbida nell’alba in fondo al mare, dopo l’ombelico infranto della sponda. Sarà l’innocenza forse a dare nome a questa sposa, che la bocca madre del vento soffia dall’orizzonte verso il porto per spogliarla dalla solitudine delle acque che l’hanno battezzata, con il blu profondo del silenzio, un’ultima volta, prima che la sua fronte, fredda d’amore e crespa come una rosa, nella lacrima porpora della parola del mare, tocchi l’infinito. C’è un ultimo sogno, sulle labbra che, nella carezza della spuma che diventa velo, all’ora indefinita e senza asse che precede il gabbiano, dorme nudo con la sposa.