Poesia di Fabio Rossi
Sentinelle
Siamo qui
noi due soli
sul fiorir del vuoto
fra spighe bruciate e polvere arsa.
Il sole brucia i nostri petali,
vorrei sfiorarti
proteggerti
abbracciarti
ma il vento ci riallontana,
prendendosi gioco di noi
sotto il suo soffio marino.
Siamo sentinelle
ancorate alla terra
che scrutano e inseguono
l’orizzonte dorato del cielo.
Racconto di Elvira Rossi
I papaveri rossi non muoiono mai
La distesa di grano imbiondiva al sole, le spighe prosperavano gravide di chicchi dorati sotto lo sguardo preoccupato del vecchio contadino, che abitava in una cascina isolata ai margini del campo. Il giorno della mietitura non era lontano, le falci erano pronte sull’aia, ma a mancare erano le braccia di Andrea e Toni, i figli che saliti in collina si erano uniti alle truppe partigiane. Di Falco e Ghiro, questi erano i loro nomi di battaglia, il padre Amilcare non sapeva neppure dove fossero, perché la brigata di appartenenza era soggetta a rapidi spostamenti. Una notte Amilcare e la moglie Adalgisa sentirono un tocco leggero alla porta. Chi era a quell’ora? Il cane non aveva abbaiato. Se fosse stato un forestiero, il cane li avrebbe allertati. Con cautela aprirono la porta e si trovarono di fronte Falco e Ghiro che, cogliendo sul volto dei genitori un misto di gioia e di apprensione, li tranquillizzarono. Recuperate delle armi nascoste nel pagliaio, sarebbero partiti presto, per unirsi ai compagni già diretti sul versante opposto della collina. I due fratelli avevano appena finito di parlare quando sentirono avvicinarsi il rombo sordo di un motore. Intuendo il pericolo, Falco e Ghiro lasciandosi alle spalle i genitori corsero a precipizio e con passi lunghi e celeri bracciate scomparvero nel mare di frumento. Il camion militare con una brusca virata lasciò lo stradone e s’immise nell’aia andando a fermarsi davanti all’ingresso della cascina dove Amilcare e Rosina erano rimasti come pietrificati da un fosco presentimento. Ad allarmarli era la notizia che, nei giorni recenti, numerosi rastrellamenti delle truppe nazifasciste avevano sconvolto le vicine contrade. Dal camion militare scesero tre soldati tedeschi con i fucili spianati. Il significato delle parole restava oscuro, ma il tono aspro della voce non ammetteva dubbi. Un soldato con la canna del fucile spinse Amilcare e la moglie contro il muro e rimase a sorvegliarli, mentre gli altri due entrarono in casa per uscirne dopo un po’ con un carico di viveri. Amilcare che non aveva mai pregato, quella volta, anziché bestemmiare come era solito fare, invocò la Madre di Dio, affinché proteggesse i figli. I Tedeschi risalirono sul camion e mentre uno al posto di guida avviò il motore, gli altri due si arrampicarono sul cassone e rimasti in piedi iniziarono a cantare con voce roca “Lilì Marleen”. E il più giovane dei due, come in preda a un momento di esaltazione, aprì lo zaino, ne tirò fuori una granata, staccò la spoletta e con un ghigno di soddisfazione la lanciò nel campo di grano. Il suo riso beffardo si prolungò fino all’uscita dal cortile. Intanto una fiammata si era alzata dall’esplosione della bomba. Circoscritto e domato con fatica l’incendio, tra la sterpaglia arsa comparvero i corpi martoriati di Falco e Ghiro. L’odore acre della polvere da sparo aveva ormai sopraffatto il profumo fresco dell’erba. Quando il buio della notte fu svanito, tra le sterpaglie bruciate, proprio là dove i poveri morti erano stati trovati, si erigevano alti e fieri due papaveri rossi. All’alba di un nuovo giorno i papaveri rossi nati dal sangue dei partigiani chiamavano uomini e donne alla Resistenza. Dalle ceneri dei suoi figli il desiderio di libertà rinasceva più ardito.
Favola di Vania Lauri
Fiamma e Splendore
Come ogni giugno, nel campo dei chicchi d’oro, la Natura compie il suo miracolo: trasforma il grano in folte spighe bionde. Disseminati qua e là, con una precisione quasi pittorica, occhieggiano le corolle rosso vivo dei papaveri che interrompono la monotonia cromatica del grano maturo. Al confine con la stradella di campagna che costeggia il campo dei chicchi d’oro, si ergono, in tutta la loro consapevole bellezza, due papaveri: Fiamma e Splendore. Il loro ritrovarsi segue un ciclo annuale ben preciso: possono scommettere sul giorno in cui il loro bocciolo si schiuderà e su quando appassirà. Su questa ineluttabile parabola si fonda la loro amicizia. “Quest’anno la tonalità del rosso arancio dei tuoi petali è quasi fosforescente Fiamma” esordisce flirtando il papavero. “E tu sei uno Splendore….” ribatte l’amica facendogli l’occhiolino. Ecco che arriva Bombo, un insetto cicciottello che fa fatica a volare per il peso eccessivo.
“Come al solito ti sei abbuffato di nettare e questi sono i risultati. Sei un incorreggibile goloso!” Sentenzia Fiamma impertinente. “Uffa, non perdiamo tempo con questi pettegolezzi sul mio conto, non vi siete ancora accorti di nulla?” dice con affanno l’insetto. “A cosa ti riferisci, di grazia ?” replica con interesse Splendore. “Ma via non ditemi che non avete notato che le api non sono ancora venute ad aspirare il vostro prezioso polline!” afferma Bombo sorpreso. I due papaveri si guardano increduli. Effettivamente non si erano accorti dell’assenza delle loro amiche volanti, tutti presi a salutare le spighe, a godersi il calore del sole, ad osservare il passaggio degli umani nella stradina. “Toto, il contadino, ha esagerato con i diserbanti quest’anno, per avere una raccolta più produttiva e ricavare più denaro dalla vendita del grano. Con il risultato che le prime api uscite per il solito giro di ricognizione, sono tornate all’alveare più morte che vive. L’ingordigia umana è una tragedia per noi insetti. Dobbiamo inventarci qualcosa” continua concitato Bombo. “Ho un’idea” ribatte Fiamma” Dobbiamo far compiere una magia a strega Citrullulina, quella che abita nella stradina in fondo alla via. Con il suo colpo di mestolo fatato chiuderà i boccioli di tutti i papaveri del campo dei chicchi d’oro e reclinerà a terra tutte le spighe di grano. Dovrà prendersi uno spavento memorabile Toto, che gli faccia cambiare quel testone ottuso. Corri Bombo, non c’è tempo da perdere” Correre per un Bombo è un eufemismo, ma, con lena, si reca da Citrullulina che si dimostra entusiasta di fare la magia quella sera stessa, col favore delle tenebre. Anche lei non sopporta l’avarizia del contadino. La mattina dopo, di buon’ora, Toto inforca la bici sgangherata per controllare il suo campo e rimane letteralmente di stucco. Le spighe piegate a terra come un mare biondo e le corolle dei papaveri chiuse gli appaiono come un incubo. Per completare la scena, sollevando lo sguardo, avvista due cornacchie che tengono sollevato in aria, col loro becco, uno striscione con la scritta: NON TI AZZARDARE PIÙ AD UTILIZZARE GLI ERBICIDI CHIMICI ALTRIMENTI LA NATURA SI RITORCERÀ CONTRO DI TE. Citrullulina, appoggiata allo stipite della porta di casa sua, gustando la costernazione del contadino, riflette pensierosa sulla capacità della Natura di fare sinergia e sulla stoltezza dell’egoismo umano. Al nostro Toto occorrerà un po’ di tempo per capire l’importanza del messaggio, ma pian piano si prenderà cura del campo con il dovuto rispetto.