Tra acquarelli e parole – Tredicesimo incontro

Acquarello di Luigina Bo, Catia Girolametti, Marina Spadaro
Poesia di Nerio Vespertin

Verde, scrivi di pioggia

Verde, scrivi di pioggia di bosco 
con penna di sterpo di fosso,
mormora il segreto incantato di gocce
che cadono lievi su rami e rocce.
Con flauti di canne zufola vento, 
suona, suonami ancora la danza
che ballano furtivi la strega e lo gnomo
e canta, cantami le loro canzoni
che non hanno voce di uomo.
Giù dai colli scendi, plana su ali di corvo,
racconta storie di nebbia e rugiada,
dona alla fantasia storie da sogno,
tesori di elfi dormienti, fiori di fata
e poi soffia, soffiami dolciastro l’aroma
di colza e papavero su campi all’aurora.
Ancora una volta, abbracciami vento, 
balza e impennati in ali di gufo, 
in grido notturno d’animale rapace, 
in barlume di luna, in grillo ostinato
che sospira la notte, che canta e non tace.
Verde, nel quieto buio di questo mondo
scavami un rifugio da spirito selvaggio, 
per carpire dagli alberi il segreto profondo:
dal salice il pianto, dalla quercia il coraggio
e imparare dalle parole del loro silenzio
a non temere mai tempesta o tormento.


Fiaba di Anna Fresu

SERAFINO E LA LUNA

Serafino era innamorato della luna: la luna alta nel cielo offuscando le stelle, la luna riflessa sul mare, inargentando le cime delle montagne, facendo brillare il grano nei campi. Serafino guardava la luna e sognava di raggiungerla. Voleva andarci da solo, con le sue gambe, non con un razzo. Tutti gli dicevano che era un sognatore, che avrebbe fatto bene a tenere i piedi per terra. Ma lui voleva poggiarli sulla luna e cominciò presto ad allenarsi, arrampicandosi sulle cime più alte degli alberi, poi salendo in cima ai grattacieli, mettendo alla prova il suo equilibrio. Aveva anche cominciato a camminare sui bordi dei muri, sulle corde dei panni tese aiutandosi con un ombrellino che aveva preso a sua sorella: un ombrellino trasparente con tante farfalle colorate che, certamente, l'avrebbero aiutato a volare. Pensò che avrebbe avuto bisogno di una corda speciale, resistente per sostenere il suo peso, sottile perché non si notasse. Chiese aiuto al suo amico baco  che, con altri bachi amici e un paio di ragni tessero una corda sottile, resistente e lunghissima. Allénati oggi, allénati domani arrivò il gran giorno. Aspettò la luna piena, enorme tant'era piena e luminosa, più bella e invitante che mai. L'arpione l'aveva avuto in prestito dal nonno pescatore - che però ignorava a cosa sarebbe servito-, lo legò a una punta della corda fissando bene l'altra a un pilastro e lanciò. La corda subito si tese e Serafino cominciò a salire, tenendosi in equilibrio con il suo ombrellino. Non sappiamo quanto tempo ci volle per arrivare alla meta; sappiamo però che, nel cammino, diventava sempre più pesante, semplicemente cresceva; ma lui non se ne accorse. Lo scoprì solo all'arrivo specchiandosi nel Mare della Luna. Era diventato un gran bel ragazzo. Lui non lo capì ma una sirena, che nuotava lì per caso, sì. La sirena era così bella, con i suoi capelli d'argento e le sue squame dai mille riflessi, e così sinuosa quando si tuffava sul fondo dell'acqua per riacchiappare le stelle che ci erano cadute dentro. E Serafino se ne innamorò.  Della sirena e di quel lavoro di salvare le stelle. Da allora di lui non si hanno più notizie ma, guardando bene nelle notti di luna piena, possiamo a volte scorgere la sua ombra e quella del suo amore nuotare insieme nelle acque argentate. I suoi  piansero per un po' la sua assenza; ma poi alzavano gli occhi al cielo, vedevano la sua ombra sulla luna, si ricordavano di com'era speciale e non era fatto per la terra, e si consolavano, certi di saperlo finalmente felice.


Racconto di Simona Melis

Maria, Dona Joana e i Racconti di Afurada

Il porticciolo di Afurada è un luogo intimo e raccolto dove le barche dei pescatori si addormentano, al tramonto, tra lo scampanellio delle chiglie mosse dalle correnti del Douro. Maria ogni sera cammina, in quel luogo magico, fino alla vasca comunitaria dove le donne lavano i panni, tra una risata e l’altra. Ascolta le loro parole piene di saggezza, le preghiere e i canti che rendono la vita meno dura. Il quartiere, votato a San Pietro e al fiume, è il suo regno, tra le barche e il cielo.
Aveva sedici anni il giorno del suo matrimonio, chiedeva solo una bella famiglia ed era giovane e felice. A ventinove anni aveva quattro figli e si affidava alle mani di Dio e all’amore. Il suo destino era quello e la riempiva di voci e sorrisi, che sarebbero aumentati con gli anni. Il suo viso delicato e i capelli biondi nascondevano un carattere forte e determinato.
Afurada, terra di pescatori, dove Il giorno inizia presto e il compito delle donne è quello di vendere il pesce, d’estate e d’inverno, con un carretto, per le vie della città o al mercato, tra i richiami e i grembiuli di pizzo, simbolo della loro appartenenza. Sua madre era una Vareira, grande matriarca, che la sera prendeva in mano la cesta, piena di panni, e si concedeva un momento di spensieratezza. Maria aveva studiato, ma amava il suo mondo e pensava che niente avesse senso fuori dalla realtà che le apparteneva per nascita.
Da quando era bambina, Dona Joana, la signora più anziana, allietava tutte le donne con i racconti del mare, popolati di sirene e miracoli, di fede e fantasmi, di signori che si muovono nella notte alla ricerca della loro felicità. Sembrava quasi di vederli quei personaggi, muoversi, come in circolo, sotto la pioggia e le tempeste, che sollevano la voce potente del mare, sulla foce del fiume, in un tempo sospeso e infinito.
Maria non si è mai persa nessuno di quei racconti, mentre il rumore dei panni sbattuti sulla pietra, le bolle del sapone che riempiono la vasca, e le voci delle donne di Afurada diventano un concerto, nella nebbia fitta che le accompagna, con il sale tra i capelli, in attesa dei propri uomini che sfidano le acque dell’Atlantico e del Douro, ogni giorno.