Tra il 31 luglio e il 2 agosto il mondo celtico celebrava la festa di Lughnasad, la “festa del re” (Lugh era infatti re, mago e guerriero) e del raccolto.
In Irlanda era più nota come Tailltinn, in onore della dea Tailtiu, madre di Lugh, che sacrificava il proprio corpo per garantire la fertilità dei campi e la prosperità al popolo.
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Nel corso di queste ricorrenze tutti avevano il diritto di partecipare ai riti, perciò le tribù in guerra stipulavano una tregua, proprio come avveniva nell’Antica Grecia durante le Olimpiadi. Nel secolo scorso un episodio simile avvenne solo una volta: nel Natale del 1914, sul fronte occidentale, tra le truppe tedesche e inglesi.
Durante il Lughnasad i Celti organizzavano banchetti, giochi, corse di cavalli, tenevano scambi commerciali, assistevano agli agoni degli artisti. Il bestiame veniva fatto passare vicino ai falò per benedirli. Era anche la festa della Grande Dea, della magia e delle druidesse.
Era durante quella ricorrenza che venivano celebrati matrimoni ufficiali e “sperimentali”. Quelli “ufficiali” avvenivano tra le coppie che erano state benedette dall’arrivo di un figlio durante le celebrazioni di Beltane; quelli “provvisori”, invece, sarebbero stati confermati al Lughnasad seguente se la coppia avesse dimostrato di andare ancora d’accordo. In caso contrario, il legame sarebbe stato sciolto senza problemi. Ecco come avveniva: l’uomo e la donna univano le loro mani passandole attraverso il buco praticato in un cancello, divenendo così marito e moglie per un anno e un giorno; nel caso in cui non avessero voluto più saperne di stare insieme, si sarebbero ritrovati l’anno successivo nello stesso luogo in cui s’erano sposati, si sarebbero voltati schiena contro schiena e si sarebbero allontanati, proseguendo uno verso nord e l’altro verso sud.
A settembre invece i Celti festeggiavano l’equinozio d’autunno, detto Alban Elved o Harvesthome. In quel periodo dell’anno i giorni si fanno più corti ed era il momento in cui morivano, secondo gli Irlandesi, la Dea Madre e il Dio del Grano, per poi risorgere durante il solstizio d’inverno.
Elisabetta Ferri