Anuda di Davide Cortese

Anuda di Davide Cortese

Anuda, Nuda in eoliano, ed è così che mi sento di fronte alla raccolta di Davide Cortese, dalla quale mi sono sentita chiamata e travolta: per me è difficile parlarne, perché la mia anima è nuda nel tumulto di sensazioni che scaturiscono di fronte alla potenza delle Sette Sorelle, in particolar modo davanti a Stromboli, a cui sente di appartenere gravitando intorno a feroci emozioni, fuoco e A-mare, sabbia nera e lapilli, solitudini e gioia di vivere, meraviglia e sale.

Cortese ha un modo così personale di vedere il mondo che va oltre l’umano e forse questo lo distingue dagli altri, forse grazie anche alla sua appartenenza a un luogo celestiale, che è il Mare, nell’illusione del pirata: ritornare o ritrovare un’isola che lo accolga senza chiedere di pagarne il prezzo per aver troppo a lungo navigato.

Nella raccolta Anuda c’è la limpidità cristallina del gioco bambino e la durezza dell’ossidiana e la ferita del fuoco, il continuo ribollire del magmatico sangue e un cuore zampillante di solitudine che ognuno di noi può comprendere: ognuno con la propria solitudine, nel proprio posto del cuore.

Dammi le tue biglie di nebbia,
ti do in cambio il mio dio di pezza,
dammi il tuo sole nero,
ti darò un mio profumo di freccia,
e l’elefante dalle ali di libellula
se mi darai i tuoi capelli di foglia.
Dammi un mare dove nevica sale,
ti darò rami dove fiorano stelle.
Baratta con la mia bocca la lingua,
dammi la tua, te ne prego amore.
Baratta le tue trecce di fiume
col violino della mia mantide blu.
Dammi le pietre che non sanno tacere,
le vergini che cavalcano ragni,
dammi il vento dentro la mandorla profumata,
dammi il sorriso mai sorriso della vita.
Io ti darò ciò che io solo posso dare,
non l’amore, non l’amore, ma il mio amare,
non l’amore, l’amore no: il mio amore.