Dalla prefazione di Franca Alaimo
La potenza e i drammi del privato trovano nella poesia di Felicia Buonomo una voce ipnotica e inquieta, un talento dirompente nel panorama della poesia contemporanea. “Sangue corrotto” narra in versi la riproposizione circolare di un destino di sofferenza familiare dove si osserva il soccombere passivo di fronte alle dipendenze, la violenza, l’esperienza del lutto. Materia-dolore che ritorna rinnovato, mutando scenari e volti, nella generazione successiva, dove la disfunzione relazionale diventa ordinaria. Si ricorre così all’assenza da sé stessi come idea di liberazione. La raccolta è divisa in tre sezioni: l’origine, che narra e dispiega il rapporto tra l’io e il destino di dolore familiare; la crepa, dove l’io si distacca dalla catena di sofferenze originaria, ma trova dinamiche assimilabili; la voragine, nella quale l’estraniamento diventa liberazione, ma mai salvezza.
Nota poetica
Narrazione di un dolore ereditato, di una corruzione annidata nel sangue, ed è vero per molto tempo – troppo – resta l’unica insana ragione nella mente. Scorre nelle vene l’alienazione della dipendenza. Sangue corrotto in sottrazione di parole, di singhiozzi, di fiato corto, monco. Violenza psicologica, negazione di sé e della propria esistenza, sottomissione all’indemoniata ricerca e al desiderio incolmabile di comprensione; l’unica colpa è quella d’essere affamate d’amore, anche di quello sbagliato, quel tormento inspiegabile persuade di averne bisogno per sopravvivere perché la morte è più forte del dolore.
Moka
Poesia estratta dalla silloge
Sangue corrotto In principio fu il sangue corrotto dall’alcol di A. – mio fratello. Siate fecondi e moltiplicatevi, la maledizione. Mamma e la paura: «Ho in me i geni della violenza». Si pensa come rea mai confessa.
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