Leila. Una storia come tante di Donatella Coda Zabetta

Titolo: LEILA. UNA STORIA COME TANTE

Autore: Donatella Coda Zabetta

Editore: Golem

Dopo aver letto il romanzo di Donatella Coda Zabetta, sono uscito un po’ frastornato dal labirinto di autorevolezza,
competenza e professionalità del suo fascinoso e reale libro.
Il romanzo è una testimonianza, una denuncia ma anche un atto di attenzione verso tutte quelle donne che subiscono violenza all’interno delle comunità di appartenenza, troppo spesso giudicata una fatalità, una questione privata, caso mai da nascondere, non certo da punire. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, parole che scorrono fluide e veloci ma che lasciano dentro un senso di orrore, di sgomento e rabbia. Un mondo dove la violenza è palpabile, un istinto bieco che trova sfogo sulla pelle sulla carne sul cuore e nella mente delle donne.
Prima di leggere “Leila. Una storia come tante” credevo che la violenza fosse nelle urla, nelle botte, nella guerra. Adesso ho capito che la violenza è anche nel silenzio nelle parole, nella mente e spesso è invisibile ai nostri occhi. Ma la mente è anche il tempo che risana le ferite, la sequenza indicibile dei giorni, l’impossibilità del ritorno indietro.

La mente in questo libro è ciò che sfugge, che tace che non si manifesta che non si riesce a spiegare.
Un romanzo sulla responsabilità e sulla difficile presa di coscienza che ognuno dovrebbe raggiungere per scoprire il significato più profondo della vita.

 

Con grande capacità letteraria Donatella Coda Zabetta è riuscita a raccontare il momento in cui i sentimenti si confondono: desiderio, paura, integrità, la colpa e la voglia di scappare si ritrovano fusi dentro un unico corpo. Leila è una donna inquieta che vive questo tempo; in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà un sogno, il lavoro un imbroglio, il domani uno ieri, l’amore una parola dal significato poco chiaro.


La protagonista la storia di una Penelope che non si rassegna a un ruolo normale e domestico di chi tesse la tela aspettando il ritorno di Ulisse. Ma è Ulisse lei stessa in questo viaggio alla ricerca della sua identità e della sua libertà, nel desiderio spasmodico di dare un senso alla propria vita in un travaglio esistenziale vissuto in una specie di sogno o meglio di un intollerabile incubo. In ogni rigo c’è un rimando a situazioni vissute, dove la narrazione è sapientemente costruita con lunghi monologhi quasi fossero continue confessioni alla propria coscienza.
Il romanzo resta uno straordinario atto d’amore che in qualche modo rende merito e consapevolezza all’identità professionale e di donna scrittrice di Donatella Coda Zabetta, fa riflettere e scuote la coscienza. 

 

Purtroppo non posso assumermi altro ruolo che quello di lettore, mi consola però il pensiero che scrittori come Donatella Coda Zabetta con forza e voce dipanano il complesso gomitolo delle teorie e riescono a trasformare un romanzo in effetti terapeutici per affrontare a volte realtà dolorose, auguro all’autrice un grande successo come a tutte quelle persone che cercano di portare luce là dove ci sono ombre.
Grazie Donatella per la tua sorprendente e ricca umanità.

 

Claudio Ardigò