I fantasmi nella letteratura antica: Le opere letterarie

n autunno, qui al Nord, sul paesaggio cala un velo grigio che ammanta e sottrae alla vista l’intero orizzonte. Quando la nebbia è molto fitta, auto, alberi e case appaiono solo quando ci troviamo a pochi metri di distanza. L’atmosfera è sempre così surreale e suggestiva!

Tra fine ottobre e inizio novembre, poi, si celebrano festività malinconiche, come Ognissanti, o più lugubri come Halloween: perciò ho deciso di dedicare questo bimestre a un argomento molto particolare: i fantasmi nella letteratura greco-latina.

Il caro Shakespeare, infatti, non fu affatto il primo a ricorrere all’apparizione di fantasmi nelle sue opere. Chi, invece, è appassionato di fantasy, ricorderà per certo i romanzi di Terry Brooks, all’interno dei quali le evocazioni dello spirito di Bremen o di Allanon al Perno dell’Ade erano un appuntamento immancabile: la cerca non poteva iniziare senza aver avuto un responso dall’aldilà.

Anche la letteratura antica vanta un gran numero di apparizioni spettrali. Non solo Omero e Virgilio citano simili episodi, ma persino gli storiografi, i filosofi e i sapienti come Tacito, Plinio il Giovane e persino Cicerone nel suo De Re Publica. I Romani avevano il terrore degli spiriti inquieti, tanto da non acquistare mai una casa in cui si era verificato un efferato delitto.

Ecco qui di seguito una piccolissima scelta. L’elenco sarebbe pressoché sterminato se si includessero  tutte le evocazioni di morti o le numerose discese agli inferi, presenti persino nelle altre culture antiche.

– Omero, Iliade, libro XXIII: Achille, fuori di sé per la morte di Patroclo, compie strage di Troiani e fa scempio del corpo di Ettore, colui che ha ucciso il suo amato parente. Dopo aver banchettato per festeggiare la vittoria insieme ai Mirmidoni, Achille va a riposare. Gli compare in sogno lo spirito del ragazzo, che lo rimprovera duramente per aver lasciato il suo corpo insepolto: questa dimenticanza, infatti, gli impedisce d’attraversare il fiume Acheronte e di accedere nel regno di Ade. Subito dopo, Patroclo profetizza al Pelìde d’essere a sua volta destinato a cadere all’ombra delle mura di Troia. Achille, per farsi perdonare, tenta d’abbracciare Patroclo, scoprendo però che è solo un’immagine priva di consistenza; alla fine si desta di soprassalto e si affretta a rendere i dovuti omaggi al defunto.

– Eschilo, I Persiani. In questa tragedia, viene celebrato il valore greco e viene condannata la tracotanza (ὓβρις) persiana: Serse, spingendosi al di là dei confini territoriali che gli dei gli avevano concesso, commette un atto sacrilego e perciò viene condannato alla sconfitta.

La madre Atossa in un sogno presagisce la sciagura: vede due donne, una in abiti persiani e una in abiti greci, che stanno litigando e il figlio Serse che, per porre fine alla controversia, attacca le due al giogo del proprio carro; se, tuttavia, la donna persiana si sottomette docile, quella greca si ribella. Una volta desta, la regina riceve notizie di Serse e non sono buone. Atossa si reca così al sepolcro del defunto marito, Dario, ne evoca lo spirito con un rito e gli domanda la ragione dell’eclatante sconfitta: il giovane re ha bruciato templi, rovesciato e danneggiato statue di dei, ha bramato domini stranieri, così Zeus lo ha punito. Prima di svanire, il fantasma raccomanda alla vedova di preparare nuove vesti per il figlio e di fargli tornare il senno con sagge parole. E di lì a poco, infatti, irromperà sulla scena il sovrano persiano, con gli abiti completamente in brandelli.

– Lucano, La guerra civile o Pharsalia, incentrata sulla sanguinosa lotta tra Cesare e Pompeo. Lucano, perseguitato da Nerone, portò avanti la stesura del poema, nonostante le sue opere fossero state messe al bando, ma non riuscì a portarla a termine prima della condanna al suicidio di Stato. Questo autore ricorre spesso al meraviglioso. Solo nei primi tre capitoli abbiamo ben due apparizioni di fantasmi. Nel primo, Lucano immagina lo spirito di Roma, in lacrime, che appare a Cesare per dissuaderlo dai suoi propositi, ma invano. Nel “Libro III”, Pompeo sta fuggendo da Brindisi verso la Grecia. Durante la traversata si addormenta e riceve in sogno la visita della sua defunta quarta moglie, Giulia. La ragazza, unica figlia femmina del potente dittatore romano, era morta di parto e a pochi giorni di distanza era stata raggiunta dalla creatura che aveva dato alla luce. Il fantasma di Giulia rivolge durissime parole al marito: a causa della guerra civile è stata spostata dai Campi Elisi, luogo dove risiedono i beati, alla zona dedicata agli empi. L’Averno poi è in grande fermento: le Parche stanno lavorando sodo per elargire morte, Caronte ha preparato nuove barche per traghettare le anime che giungeranno numerose, le pareti del Tartaro (il corrispondente del nostro Inferno) sono state ampliate. Giulia non perdona nemmeno il nuovo matrimonio contratto troppo presto dal consorte, senza rispettare l’intero periodo di lutto. Per punirlo, ella gli sarà al fianco durante la battaglia di Farsàlo: Pompeo resta il genero di Cesare, perciò non può sfuggire al fato avverso che gli è stato cucito addosso.

Per ora mi fermo qui, ma vi do appuntamento al prossimo episodio, sempre dedicato ai fantasmi. Voci narranti non saranno più i poeti, bensì storiografi e scrittori come Svetonio e Plinio il giovane. A presto!

Elisabetta Ferri