Verranno a perderci in trionfo di Francesco D’Angiò

Verranno a perderci in trionfo di Francesco D’Angiò

Una poesia antica, quasi liturgica che (s)muove i ricordi, i silenzi, i non detti; una poesia che, nonostante il degrado della “civiltà”, sa trovare e donare bellezza perché nel mondo c’è ancora possibilità di coglierla e questo il poeta lo sa, lo si ricava dai suoi versi pesanti e pensanti. La poesia di D’Angiò si muove tra le rovine dell’evoluzione, rovista tra i cocci di vite passate e si arrampica sui cumuli di soprusi; ma c’è un fiato di speranza, caldo e tremante che ancora scuote.

Moka

TESTO N. 117
Il significare del peso di una perdita
negli ingranaggi del pane caldo
così che si ama la somiglianza
della bestemmia alla prima carezza,
incolume al rifugio dello spargersi
di odore di mensa dei poveri,
che loro sanno arricchirsi di pulizia
deteriorata, poi sai che si fanno trucchi
così precisi per assottigliarsi verso la fine,
e non si allevia mai la pena quando
la propria compagnia non ci abbandona.
Ed è consueto sentire sulla fronte
il confuso segno che ci unge, perché
ci siamo caduti presto dentro
con prontezza di riflessi. Ci stiviamo
clandestini a bordo della nostra palude
dove siamo capaci di limpidezze
incontrollate, e non meno torbido
è questo giudice che declina in nomi
date e ore, ciò che non è adatto
a risorgere.