L di Francesca Del Moro

In un primo momento (considerando anche il titolo) ho pensato a una raccolta  estemporanea sgorgata per seguire il frammentato cammino del ricordo nei moti dell’anima. Invece non è come può lasciare intendere l’avvio pur nella sua brevità e voluta casualità di sequenza; l’opera è organica dove si alternano ricordi esperienze emozioni riflessioni della poetessa. L’autobiografia è il fattore di aggregazione di queste poesie e le definisce l’identità. Sotto questa insegna il tema poetico di Francesca Del Moro è compatto nella sua molteplicità, proseguendo un obiettivo coerente e rigoroso che si articola in una pluralità di momenti diversi fra loro, ciascuno concluso sia nel proprio tempo sia nel contesto esistenziale di cui il ricordo si fa portavoce.

I versi che compongono questa raccolta risuonano di una forza espressiva penetrante spesso dolorante, ma portatrice di luce profonda. Poesie di liberazione dell’anima dello spirito: talvolta addirittura in endecasillabi e settenari, altre nella pienezza di versi liberi privi di punteggiatura, altri ancora conclusi da orgogliosi punti, a seconda delle scelte di Francesca, e proclamano la grandezza e l’umiltà della poesia contemporanea.

L per Francesca del Moro è il superamento di una prova angosciante, a tu per tu con il dolore, con se stessi, con l’anima del mondo inquieto di oggi. Poesie-immagini-poesie-sogno-Poesie-ricordo in toni lievi-sommessi, urlati-acuti nella  volontà di catarsi, nel desiderio di affidamento senza mai una caduta di stile.

Il tempo dell’amore spalanca le porte di una sovra realtà affascinante, nei toni, nella partecipazione, nell’assenza che si fa incanto. Ecco l’amore vero, quello che dona e non chiede, che dà e si nutre di silenzi dove il mondo acquista una dimensione inedita quella che prende per mano e guida, che conferisce quiete e senso.

Francesca Del Moro di fronte alla cecità di speranze, delle illusioni nate dal dolore e dall’incontro con la sofferenza nel divenire quotidiano, si affida all’umiltà del colloquio interiore; i suoi versi si materializzano nella mente e dal groviglio sentimentale del cuore nascono visioni-torpori-timori-ansie-carnalità-certezze e incertezze-autodifese e tensioni-aggressioni e partecipazioni, in breve: la quotidianità dell’esistere.

Ma Francesca non si ferma a deplorarsi o vittimizzarsi, conosce il compito assegnatole nell’intimo che non accetta inganni. Da qui ecco L: paradigma di un fatto negativo perverso finalizzato a devastare, teso a condurre Francesca nel mondo cieco delle illusioni e delle distorsioni (pag. 84/91), un reale portatore di dolore. I ricordi restituiscono solo l’immagine di una disperazione aberrante che non lascia intravedere altro che un percorso obbligato nel buio dello smarrimento, così forte da perdere il significato del proprio divenire nello sviluppo di un umanità appassita.

Ma se tutto sembra crollare e la vita pare come chiusa dentro una stanza senza sfiati, Francesca del Moro non si arrende, si guarda dentro si analizza si conforta, quasi si autoconfessa. Ecco proliferarsi un elemento di redenzione: l’amore, tanto chiacchierato quanto poco considerato nella sua luminosità che accende spazi infiniti. Versi che escono dal turbine esasperante del nulla si arricchiscono di atmosfere tracciano una via lasciano intravederne un’altra proponendo un cuore aperto non più ermeticamente serrato e muto.

Claudio Ardigò