La dea Ecate

Ecate, una figura in origine benevola che col tempo divenne una terribile creatura infernale, manifestazione della Luna nei suoi aspetti più sinistri.

Il pantheon greco, si sa, è particolarmente ricco e intricato. Alla Luna, ad esempio, sono ricollegate diverse divinità. La principale è Artemide, la Diana latina e sorella di Apollo. C’è poi Selene che incarna la faccia del satellite mai rivolto al nostro pianeta. Infine c’è Ecate, una figura in origine benevola che col tempo divenne una terribile creatura infernale, manifestazione della Luna nei suoi aspetti più sinistri.

Rohde, nel suo saggio “Psiche”, sottolinea il fatto che Omero nei suoi poemi non accenni mai a lei, mentre lo fa Esiodo, che dedica a Ecate diverse righe: ella aveva il potere di concedere la prosperità materiale e il dono dell’eloquenza agli oratori, assicurava la vittoria nelle battaglie agli eserciti e agli atleti nei giochi, poteva benedire i pescatori con pesche abbondanti e far prosperare il bestiame oppure fare l’esatto contrario. Lo stesso Zeus nutriva grande stima per questa dea, nonostante appartenesse alla stirpe di antichi numi abbattuti: Ecate infatti sarebbe stata la figlia unigenita di due Titani, Asteria e Perse (o Persete).  

Sebbene il nome di Ecate sia stato tramandato fino ai giorni nostri, non ci sono pervenuti miti in cui ella vi appaia come protagonista. Si accenna a lei, ad esempio, nel ratto di Proserpina: Demetra, disperata per la scomparsa della figlia, la cerca ovunque e quando calano le tenebre invoca la dea Ecate, che alla notte è legata. Costei appare e, sebbene sia al corrente dell’accaduto, non rivela nulla a Demetra, le consiglia solo di recarsi alla casa del Sole, dove finalmente il patto tra Zeus e Hades ai danni della giovane fanciulla viene svelato.

Con il trascorrere del tempo Ecate acquisì dei connotati oscuri, tanto da divenire una divinità ctonia: ora era indicata come figlia di Hades e Persefone, ora come madre del locale dio degli inferi, ora come madre di Circe e zia di Medea. Anche il suo aspetto si fece mostruoso: veniva descritta come avente tre teste (di cavallo, cane e leone) o tre corpi che simboleggiavano le fasi lunari (crescente, piena e calante), serpi al posto dei capelli, occhi roventi come braci (ricordate il Caronte di Dante?).

Dea della magia, era invocata da streghe e stregoni, appariva sulle tombe o sui crocicchi. Erano soprattutto i trivi (ossia l’incrocio tra tre strade) ad essere a lei dedicati. Vi si ergevano piccoli altari, sui quali venivano sacrificati dei cani molto giovani oppure delle giovani femmine nere di questa specie, perché Ecate, negli inferi, era sempre accompagnata da mastini color ebano.

Era presente durante i parti e il puerperio per portarsi via le anime di madri o neonati, la si poteva incontrare ai funerali, si aggirava tra i sepolcri. Appariva sempre in compagnia di una schiera di fantasmi e di spiriti maligni, anime degli insepolti e dei morti ammazzati che non potevano attraversare le acque dell’Acheronte e accedere all’Ade. Tali spettri portavano sventure, incubi, allucinazioni notturne, malattie e per esorcizzarli era necessario ricorrere ai veggenti e ai sacerdoti purificatori.

Ecate poteva trasformarsi in animale ed era nota anche con molteplici nomi, solitamente parole onomatopee, che col tempo divennero a loro volta delle creature infernali indipendenti. Gorgo, Mormo, Lamia, Gello e Karko rubavano i bimbi alle madri che li lasciavano anche temporaneamente incustoditi, invece Empusa era il demone del mezzogiorno.

Leggendo il manuale di Gershom Scholem, “La cabala”, ho trovato degli interessanti parallelismi tra Ecate e Lilith. Quest’ultima è una figura demoniaca di spicco all’interno della cabala ebraica, in quanto prima compagna di Adamo, genitrice di demoni e sposa di Samael, l’equivalente del Lucifero cristiano. Anch’ella ha molti nomi, una schiera di spiriti maligni alle proprie dipendenze, minaccia le partorienti e strangola nel sonno i bambini. Per proteggere le donne in travaglio, si appendevano dei talismani al letto o alle quattro pareti della stanza. Secondo alcune credenze popolari, era necessario svegliare con un buffetto sul naso i neonati quando ridevano nel sonno, perché si temeva che Lilith stesse giocando con loro per carpirne la simpatia e poi portarseli via.

Per oggi mi fermo qui e vi do appuntamento al prossimo mese con la mia rubrica.

Elisabetta Ferri