Un romanzo vero, crudo e sconvolgente sulla paura di vivere, sulla dignità (troppo spesso negata a chi è indifeso), sull’amicizia e il coraggio di essere se stessi.
Un libro senza limiti, una denuncia forte contro quello che succede in certe strutture ospedaliere, dove il confine tra lucidità, umanità e follia è sempre più sottile.
La bellezza di questo testo è nella rappresentazione di chi viene messo ai margini della società e spesso resta dimenticato. Un modo per farci capire che siamo tutti esseri umani e meritiamo di essere trattati come tali e come un briciolo di umanità sia sempre possibile da trovare anche nelle condizioni più disparate.
Per questo, perdonatemi per l’insistenza, Pillole di Michela R. diventa un romanzo che tutti dovrebbero leggere, non solo perché coinvolge dall’inizio alla fine, ma anche perché la follia è la cosiddetta normalità nella soggezione al fascino e all’arbitrio del potere, dove nessuno resta esente da queste circostanze nella vita.
Non è facile trovare un romanzo capace di affrontare tematiche importanti e complesse in una maniera all’apparenza così semplice. L’autrice per scelta non approfondisce in maniera filosofica o politica-sociale il tema della follia, dell’emarginazione nella negazione dell’individuo, si limita a riportare i fatti così come sono, visti però dai protagonisti, coloro che hanno più bisogno di cure, questo fa sì che sia il lettore a sviluppare le sue riflessioni e giungere alle proprie conclusioni.
La struttura che ospita i “malati” si rivela una specie di microcosmo nel quale addirittura, alcuni scelgono di vivere, fondamentalmente per paura della vita.
Un romanzo contro tutti i compromessi e contro tutti i sistemi.
Un inno alla libertà e alla vitalità, profondamente umano contro la pochezza e la miserevolezza di individui mediocri che solo su chi è più debole di loro riescono a prevaricare.
Un libro profondo e toccante straordinariamente ben scritto dove la simpatia e la tenerezza verso alcuni personaggi e l’odio verso alcune figure istituzionali cattureranno il lettore.
Claudio Ardigò