Otto betulle di Alla Chiara Luzzitelli

Se Otto Betulle fosse un piatto sarebbe sicuramente qualcosa di agrodolce. Si tratta infatti di una raccolta di sonetti, calembour, aforismi e  poesie che hanno il sapore dolce dell’ironia ma anche il retrogusto aspro della melanconia.
È un libro veloce denso di situazioni che si pone al confine tra il reale e il sogno tra l’ilarità e la commozione.
L’autrice vuole suscitare due reazioni contrapposte: un sorriso a denti stretti e l’amaro in bocca nella convinzione che sorridere sia il modo più razionale di affrontare la realtà e che scrivere quelle che, apparentemente, sono frivolezze, quando tutti si danno un tono, è oggi l’unico modo per dimostrare la propria libertà e indipendenza di pensiero.
Poesie di  “malinconia latente nei momenti più felici” come canta Sergio Caputo; in cui si avverte il bisogno di scrivere per comunicare per conoscersi per capire. E io mi auguro che non venga mai meno a Chiara questa esigenza che è parte inscindibile, del suo essere della sua anima.
Poesie di consapevolezza che non si trasformano mai in atteggiamenti di resa o in sentimenti di sconfitta, ma che diventano spinta a ricercare rapporti e relazioni ad avvicinarsi al prossimo pur sapendo che la strada è difficile e complicata, piena di ostacoli e trabocchetti capace di generare momenti di malinconia.
Alla velocità del testo si contrappone il desiderio di soffermarsi e rileggere per scoprire che dietro a ogni pagina si nasconde spesso l’amore per la vita e altrettanto spesso la critica alla nostra società o meglio ai costumi di oggi.



Claudio Ardigò